Tiu Nigola Pala
Nicolò Antonio Pala, figlio di Antonio e Maria Antonia Zappu, nato a Nughedu San Nicolò il 24 settembre 1902, conobbe e amò la poesia in limba sin da giovanissimo. Pastore e contadino, come tanti altri suoi compaesani innamorati della musa, perché la febbre della poesia in questo piccolo paese del Monte Acuto, è durevole, contagiosa, persistente e refrattaria ad ogni cura, s’inserisce in quella numerosa schiera di poeti cosiddetti della tradizione. Quelli in pratica che, come ricorda il nostro poeta in una sua poesia, amano scrivere poesie la rima e la metrica.
tiu Nigola Pala in divisa da Finanziere
Nel 1922 si arruolò in Finanza e proprio in quell'anno così denso d'avvenimenti per la storia italiana prestò servizio in Roma. Durante i suoi ricordi in famiglia riguardanti quel lontano periodo, in svariate occasioni raccontò del giorno in cui fu fatta la marcia su Roma. Alla curiosità dei figli, col trascorrere del tempo divenuta scontata e perciò ripetitiva, del perché rammentasse quel giorno in particolare, fra i tanti trascorsi come finanziere in una città come Roma capitale, rispondeva ammiccando, con un misto d'orgoglio e di stupore — Io ero di guardia, quel giorno, e li ho visti passare proprio davanti a me —. Era sottinteso che voleva far loro capire che anche lui era stato giovane spettatore d'accadimenti importanti, e che anche lui aveva visto "passare la storia .
“Bellissimo questo episodio”
Il 1922 fu sempre ricordato da Nigola, e come vedremo non soltanto da lui, anche per un altro motivo. Nello stesso anno, durante la prima licenza a Nughedu, proprio mentre rientrava in paese, con indosso la divisa, attraversando Piattedda per giungere a casa sua situata in altro rione denominato Su ‘adu, fu visto da una bambina undicenne che trafelata corse in casa dicendo al padre — “Ba’, ba’, s’abbardente costoida l’azis?, pruite est’arrivende sa finanza” —. Il padre, con calma obbligata, gli mancava una gamba, dopo aver guardato fuori per accertarsi su quanto aveva sentito, più ancora tranquillamente rispose alla figlia, ridacchiando e motteggiando allo stesso tempo — “Bae bae fiza mi’, ma cale finanza e cale finanza, cuddu est’su fizu de Antoni Pala, Nigola, bestidu de finanzieri ca est torrende a domo sua in licenza”. L’agire della ragazzina era dettato dalla duplice preoccupazione per l’acquavite distillata di contrabbando, secondo l’antica usanza popolare, ancora oggi mantenuta in uso da alcuni cultori e in maggior misura perché questa era servita nel loro zilleri, il bar d’oggi.
Nel rione Piattedda, in un perimetro di poche decine di metri si contavano nei tempi passati sos Zilleris, che era doveroso ricordare perché l’importanza degli stessi nella vita sociale del paese, soprattutto d’allora e nondimeno d’oggi, non è affatto da sottovalutare. Partendo da sud-est versa Piatta manna, dopo il rione Su ‘adu s’incontravano su un lato, prima quello denominato su zilleri de tia Antonia Puddinu, poi al centro quello de’ sorres Ispanu, proseguendo ancora a destra, quello de tia Arvaredda, poi, ubicato all’interno, parallelo alla via, quello de tiu Antoni Legas, quindi al centro della piccola piazza quello de Mimmia Cuccu, e per finire, risalendo su lato apposto, un po’ defilato, quello de tia Nenarda.
È indubbio che in qualche modo su zilleri de’ sorres Ispanu contribuì non poco al primo incontro della ragazzina undicenne con Nigola.